Una Apple al giorno toglie i dazi di torno
Facciamo ordine tra le 237 notizie di questa settimana.
Trump annuncia dazi a doppia cifra su tutto il mondo. La Borsa crolla. Dice ai suoi follower di comprare. Poi li sospende (quasi tutti). La Borsa vola. Insider trading? Anzi no, li tiene al 10%. Ma sulla Cina all’84%. La Borsa torna giù. I titoli di Stato americano ballano, non li vuole più nessuno. No, aspetta, sulla Cina i dazi sono al 104%, anzi al 125%, 145%. La Cina risponde: 34%, 84%, 125%. Il dollaro crolla. E Re Carlo in Italia, con Mattarella e Alberto Angela. E il terzo mandato dei presidenti di Regione, il Def.
Pausa.
Lo sentite il fiatone? Troppa roba, di continuo, una sull’altra. Ti perdi un titolo e tutto è cambiato. Così è difficile. Molto difficile.
Fermiamoci un attimo. Respiriamo.
E ripartiamo.
Una cosa alla volta.
In fila.
Dazi sospesi e modificati, Borse giù-su-giù
Mercoledì 2 aprile → Liberation Day e annuncio dei dazi “reciproci” (che reciproci non erano) con il 34% sui prodotti cinesi, il 20% su quelli dall’Ue, il 46% su quelli Made in Vietnam. E fin qua, ok. Ne avevamo parlato nel dettaglio lunedì scorso. In una frase, un dazio è un’imposta che va versata allo Stato nel momento in cui un prodotto comprato dall’estero passa la dogana. Il dazio statunitense su un prodotto straniero lo versa quindi l’azienda statunitense che lo compra.
Giovedì 3 e venerdì 4 → crollano la Borsa americana e quelle europee.
Lunedì 7 e martedì 8 → continuano a crollare le Borse e succede anche un’altra cosa: i Treasury Bond (i titoli di Stato americani) esplodono.
i titoli di Stato sono obbligazioni, prestiti. Come funzionano? Semplificando molto, diciamo che lo Stato ne emette uno da 10 dollari: se tu lo compri significa che presti 10 dollari allo Stato, in cambio di un rendimento, ovvero di un tot di soldi che ti verranno dati oltre al rimborso del tuo prestito. Il rendimento varierà in base a un parametro principale:
quanto è probabile che quel prestito ti sarà restituito?
Se lo Stato è percepito come solido, il rendimento sarà basso. Se lo Stato è percepito come incerto, il rendimento sarà alto. Se a un certo punto chi ha prestato i soldi allo Stato pensa che il suo prestito potrebbe non essere rimborsato vende il suo titolo di credito a qualcun altro, e il rendimento sale.
Tra lunedì 6 e martedì 7 è successo che i rendimenti dei Treasury Bond americani sono schizzati verso l’alto. La situazione era la seguente, con Borsa giù e rendimenti su. Ci torniamo.
Martedì 8 → la Cina aveva risposto: dazi del 34% sui prodotti statunitensi.
Trump minaccia la Cina: se non togliete questi dazi aggiuntivi, il dazio “reciproco” Usa sui prodotti cinesi aumenta del 50%, arrivando a 84% (che si aggiunge a un 20% antecedente).
La Cina dice che non accetterà la “natura ricattatoria” degli Stati Uniti.
Trump porta al 104% i dazi sui prodotti cinesi.
Pausa. Riprendiamo la questione dazi tra poco.
Ora apriamo la parentesi “manipolazione del mercato”:
Mercoledì 9, ore 9.37 americane → pochi minuti dopo l’apertura di Wall Street, tutta rossa con un calo ancora più accentuato, Trump invita i suoi follower a comprare azioni, con un post su Truth, il suo social:
Mercoledì 9, ore 13.18 americane → Trump annuncia sempre su Truth la sospensione dei dazi reciproci per 90 giorni. Restano quelli “base” al 10% per tutti i Paesi. Eccezione per la Cina, su cui Trump si accanisce con un 125%, che il giorno dopo diventa 145% nella nota ufficiale della Casa Bianca.
Mercoledì 9, ore 16.00 americane → la Borsa americana chiude una giornata record, con rialzi che non si vedevano da anni: l’indice S&P500 ha registrato un +9,51% (non succedeva dal 2008), e il Nasdaq un +12,16% (non accadeva dal 2001). E comincia a girare questo grafico:
Cos’è successo quindi?
Aggiotaggio? Ovvero diffondere informazioni (vere o false) con il fine di manipolare o almeno condizionare i mercati.
Insider trading? Ovvero sfruttare informazioni riservate per guadagnare in Borsa, cosa che - sospettano alcuni, tra cui la Dem Alexandra Ocasio-Cortez - potrebbero aver fatto qualcuno nella cerchia di Trump.
O un semplice tentativo di “rassicurare gli americani”, come ha sostenuto la Casa Bianca?
Giovedì 10 → Nel dubbio, Margo Martin, componente dello staff di Trump che si occupa della comunicazione del presidente, ha pubblicato sui social un video dallo Studio Ovale. Si vede Trump indicare Charles Schwab, presidente della Charles Schwab Corporation, una multinazionale americana di servizi finanziari: “Lui ha fatto 2 miliardi e mezzo oggi”. Eccolo:
Alcuni analisti hanno evidenziato che c’è stato un picco di operazioni nel Nasdaq (indice composto dalle principali aziende tech statunitensi) pochi minuti prima dell’annuncio sulla sospensione dei dazi:
Torniamo ai dazi.
Dicevamo.
Trump ha portato i dazi sui prodotti importati dalla Cina al 145%. E ha ridotto quelli sui prodotti provenienti da tutti gli altri Paesi al 10% per 90 giorni, in attesa di trovare accordi con ognuno di quei Paesi (occhio a Meloni alla Casa Bianca mercoledì 17 aprile).
Problema:
La più grande azienda del mondo per capitalizzazione, ovvero Apple, che vale circa 3.000 miliardi di dollari, produce l’80% dei suoi iPhone proprio in Cina. Ma anche Microsoft, seconda per capitalizzazione, e Nvidia, terza, hanno in Cina le loro fabbriche più grandi. Ed ecco che i dazi sui prodotti cinesi diventano improvvisamente un problema enorme per Big Tech.
Quindi che si fa? Un paio di giorni di silenzio molto rumoroso e poi ecco la notizia.
La polizia doganale statunitense, la U.S. Customs and Border Protection, pubblica un elenco di merci esentate dai dazi. Tra queste: smartphone, computer, hard disk, processori, tablet, tv, schede di memoria, macchinari per la produzione di semiconduttori. Poi Trump ha detto, domenica sera, che non ci sarà nessuna esenzione. E il ministro del Commercio Usa ha spiegato che in effetti no, in realtà non sono del tutto esentati: semplicemente sono esentati temporaneamente, dai generici “dazi reciproci”, ma saranno inseriti nei dazi previsti per i semiconduttori. Che però arriveranno “tra un mese o due” = tempo per trattare prima di mettere in difficoltà le più grandi aziende americane.
E quindi ecco il paradosso: sulle mele importate negli Stati Uniti dall’estero ci sarà un dazio del 10%, sugli smartphone lo 0%.
Tutto risolto? Manco per niente.
La Cina non è rimasta a guardare, anzi, ha rilanciato:
Bloccate le esportazioni di terre rare e magneti (la Cina ne detiene il 90%). Sono materiali imprescindibili per la produzione di auto, robot, semiconduttori (quindi per l’elettronica) e tecnologie militari.
Costituiscono una piccola parte delle esportazioni totali della Cina, quindi questa decisione avrà un impatto minimo sull’economia cinese, ma allo stesso tempo ne potrà avere uno enorme su quella degli Stati Uniti e di tutti gli altri Paesi.
È l’arma nucleare della Cina in questa guerra commerciale.
E il dollaro che fa?
Crolla, l’abbiamo detto.
Chi ha in mano titoli di Stato americani - eccoli di nuovo, i Treasury Bond - comincia a venderli. Alcuni lo fanno per speculare, altri per prudenza. Ma il messaggio è chiaro: la fiducia nei confronti degli Stati Uniti, e della loro capacità di restituire i debiti, potrebbe cominciare a erodersi. E qui arriviamo a un punto delicato.
Negli ultimi settant’anni, il dollaro ha avuto un ruolo speciale: è la valuta di riserva globale. Significa che la maggior parte degli scambi commerciali e dei risparmi delle banche centrali nel mondo sono in dollari. È un vantaggio enorme per gli Stati Uniti: consente principalmente di finanziare il proprio debito a costi più o meno bassi (dato che il dollaro è la valuta di riferimento, c’è sempre la fila di investitori pronti a comprare le obbligazioni in dollaro).
Ma questo privilegio si basa su una cosa sola: la fiducia. Fiducia che l’economia americana sia stabile, prevedibile, affidabile.
Quando i mercati vedono il presidente degli Stati Uniti minacciare dazi per mesi, poi metterli, poi alzarli, poi toglierli, ma non a tutti e per 90 giorni, poi alzare quelli alla Cine e il giorno dopo alzarli e alzarli ancora, pubblicare post ambigui durante il crollo della Borsa… ecco, quella fiducia traballa:
Le altre notizie della settimana
Re Carlo III e Camilla sono stati in Italia. Il discorso del Re in Parlamento (“Siamo europei”, nostro video su Instagram di Italpress) e il tour romagnolo dei Reali accompagnati da Mattarella e Alberto Angela è un perfetto esempio di soft power. Meloni ha regalato a Carlo un barattolo di Nutella con scritto “Carlo”.
Il governo ha pubblicato il Def. È il documento che contiene le previsioni economiche per i prossimi anni. La cattiva notizia è che la crescita prevista per il 2025 è stata dimezzata: a ottobre si pensava potesse arrivare al +1,2%, ora è al +0,6%. La buona notizia non c’è. (nostro post su Instagram di Pmi)
Il terzo mandato per i presidenti di Regione è incostituzionale. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, bocciando il tentativo di Vincenzo De Luca, presidente della Campania alla fine del suo secondo mandato, di fare una legge regionale per aggirare la legge nazionale. La legge è entrata in vigore nel 2012, motivo per cui Zaia (eletto per la prima volta nel 2010) ha potuto fare tre mandati. Il quarto, però, non ci sarà.
Prada ha comprato Versace per 1,25 miliardi di euro. Fondata da Gianni Versace nel 1978, alla sua morte affidata ai suoi fratelli (Santo e Donatella), Versace era stata venduta nel 2018 a Capri Holdings. Oggi torna la proprietà torna italiana con Prada.
Bonus
Su quelli.di.rassy abbiamo presentato il Pres:
Alla prossima!
Io sono Federico Graziani e questa è Pausa, la newsletter di Rassegnally, che vi fa prendere fiato in mezzo all’inondazione di news quotidiane: vi racconta la settimana appena trascorsa, mettendo in fila le notizie e spiegandole.
Rassegnally è un progetto editoriale di Rassy, l’agenzia di social media journalism che ho co-fondato nel gennaio 2024 e vuole essere il punto di riferimento per chi fa media sui social.